Nonostante l’inflazione ancora presente, anche se in riduzione rispetto agli anni passati, emerge un quadro di fragilità economica.
L’ultimo rapporto Istat sulle spese per i consumi delle famiglie – anno 2024 fotografa una situazione di sostanziale tenuta della spesa complessiva, ma con dinamiche interne molto differenziate. La spesa per prodotti alimentari e bevande analcoliche è rimasta stabile rispetto al 2023, nonostante un aumento dei prezzi più contenuto rispetto al picco del 2023 (+2,5% contro +10,2%). Tuttavia, il 31,1% delle famiglie ha ammesso di aver limitato la quantità o la qualità del cibo acquistato, dato che resta vicino a quello del 2023 (31,5%).
L’inflazione ha costretto molte famiglie a ridurre le spese per l’abbigliamento e le calzature, voce che continua a registrare la maggiore contrazione: quasi la metà dei nuclei familiari ha cercato di risparmiare su questa voce, con una quota del 47,5% nel 2024, in lieve calo rispetto al 48,6% del 2023, ma con valori più elevati nel Mezzogiorno (57,6%).
Nonostante la pressione sui consumi alimentari e sull’abbigliamento, le spese per sanità e cura personale sono rimaste sostanzialmente invariate, indicazione di una priorità inderogabile per le famiglie italiane. Parallelamente, è aumentata la quota di famiglie che non ha modificato le spese per carburanti e viaggi, con un particolare incremento nelle regioni del Centro e del Nord, segnale di una ripresa delle attività legate al turismo e ai trasporti dopo la fase post-pandemica.
Disparità territoriali: il Nord-est in testa, il Sud in difficoltà
Il divario tra le diverse aree del Paese rimane marcato. Il Nord-est si conferma l’area con la spesa media più alta, con 3.032 euro mensili, ben 834 euro in più rispetto al Sud (2.199 euro), corrispondente a una differenza del 37,9%. Il Centro e il Nord-ovest seguono con livelli di spesa vicini ai 3.000 euro, mentre il Sud e le Isole si collocano sotto la media nazionale.
Questa disparità si riflette anche nella composizione della spesa. Nel Mezzogiorno e nelle Isole, dove il reddito medio è più basso, le famiglie destinano una quota più elevata del budget ai prodotti alimentari e bevande analcoliche (25,4% nel Sud, 23,5% nelle Isole, contro il 19,3% nazionale e il 17,4% nel Nord-est). Al contrario, nel Nord prevalgono le spese per servizi di ristorazione, trasporti e attività culturali, indicativi di un maggior benessere e di una maggiore disponibilità a consumi non primari.
A livello regionale, il Trentino-Alto Adige guida la classifica per spesa media mensile (3.584 euro), seguito dalla Lombardia (3.162 euro). All’opposto, Calabria e Puglia presentano le spese più contenute, rispettivamente 2.075 e 2.000 euro al mese, con la Puglia che spende quasi la metà rispetto al Trentino-Alto Adige.

Le dinamiche di spesa non alimentare e i settori in crescita (www.laterrazzamongardino.it)
La spesa non alimentare rappresenta l’80,7% del totale e si attesta in media a 2.222 euro mensili. Nel 2024 si registra una sostanziale stabilità in quasi tutte le categorie, fatta eccezione per i servizi di ristorazione e alloggio, che crescono del 4,1% attestandosi a 162 euro mensili, confermando il recupero post-pandemico anche se con ritmi più contenuti rispetto al 2023 (+16,5%). Il Centro registra l’aumento più consistente (+7,2%), mentre il Nord-est mantiene il livello più alto di spesa in questa voce (209 euro).
Al contrario diminuiscono le spese per informazione e comunicazione (-2,3%). Nel Nord-est si evidenzia inoltre una crescita significativa della spesa per l’istruzione (+16,9%), che raggiunge i 21 euro mensili.
Adattamenti e strategie delle famiglie italiane
L’inflazione e le incertezze economiche hanno spinto molte famiglie a modificare le proprie abitudini di spesa. Nonostante la spesa media sia cresciuta in termini nominali rispetto al 2019 (+7,6%), l’aumento dei prezzi (+18,5%) ha eroso il potere di acquisto reale. La maggioranza delle famiglie spende meno della media, come evidenziato dal valore mediano della spesa mensile (2.240 euro nel 2024).
Quasi un terzo delle famiglie ha limitato la spesa alimentare, preferendo marchi più economici o riducendo la qualità e la quantità degli acquisti. Parallelamente, si assiste a una contrazione nelle spese per abbigliamento, mentre rimangono stabili quelle per sanità e cura personale, considerate essenziali.
L’incremento delle spese per oli e grassi (+11,7%) e per frutta (+2,7%) riflette forse una selezione più attenta verso prodotti specifici, mentre la crescente spesa per ristorazione e alloggio indica un progressivo ritorno a consumi legati a esperienze e servizi.
Il quadro delineato dall’Istat testimonia un’Italia ancora divisa, con un Nord-est ricco e dinamico, trainato da un’economia solida e da una popolazione di oltre 11 milioni di abitanti, e un Sud che fatica a recuperare terreno, con spese più contenute e maggiori difficoltà nel soddisfare i bisogni primari.
Le famiglie italiane, nel loro complesso, mostrano segnali di resilienza e capacità di adattamento, ma anche le persistenti sfide di una crisi economica che impone scelte difficili e una continua revisione delle priorità di consumo.

L’impatto della crisi e dell’inflazione sulle abitudini di consumo (www.laterrazzamongardino.it)






